Liberator Nicola
Scopri la storia di Nicola,
22 anni, Emofilia A,
che sogna di intraprendere il Cammino di Santiago.
Nicolò Balini, 26 anni,
conosciuto come Human Safari,
è il Coach di Nicola
"Ciao, sono Nicola e ho 22 anni. Abito a Bergamo e studio Ingegneria Edile e Architettura. Il Cammino di Santiago è un’esperienza che ho sempre desiderato fare ed è anche un’occasione per riflettere, per misurare le mie forze e superare i miei limiti."
- Nicola
Il primo incontro di Coaching
Nicolò Balini, conosciuto come Human Safari, è il coach di Nicola per aiutarlo a realizzare il suo sogno: intraprendere il Cammino di Santiago. Nicolò vuole trasmettere a Nicola il mood migliore per far sì che questo pellegrinaggio diventi, così come è stato per lui, il viaggio più bello della sua vita! Ecco il video del loro primo incontro.
Il secondo incontro di Coaching
Per il loro secondo incontro di coaching Nicolò ha portato Nicola in montagna e gli ha dato qualche dritta per prepararlo al meglio alle difficoltà che ogni pellegrino affronta durante il Cammino, prima fra tutte: le vesciche.
Il terzo incontro di Coaching
Quanto costa fare il Cammino? Ecco il video del terzo incontro tra Nicolò e Nicola, in cui affrontano gli aspetti economici di questa impresa.
Il quarto e ultimo incontro di Coaching
Il Cammino di Santiago si avvicina! A pochi giorni dalla partenza per Pamplona, Nicolò dà a Nicola alcuni consigli per chi vuole affrontare un cammino di questo tipo per la prima volta!
Finalmente il Cammino di Santiago!
Nicolò ha accompagnato Nicola per i primi giorni di Cammino: ecco il videoracconto!
Intervista a Elena Boccalandro
Abbiamo intervistato Elena Anna Boccalandro, la fisioterapista di Nicola.
Dottore in Osteopatia Fisioterapista
Coordinatrice regionale Centro Emofilia e Trombosi "Angelo Bianchi Bonomi"
Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano
Leggi l'intervista qui sotto!
Cos’ha pensato quando Nicola l’ha informata di voler partecipare a Libera la Vita e di fare il Cammino di Santiago?
Inizialmente ho pensato che fosse certamente una cosa fattibile, perché immaginavo che Nicola volesse intraprendere solo 100km di Cammino. Quando ho scoperto che desiderava percorrere 800Km la questione è cambiata. Insieme all'equipe abbiamo rivalutato la situazione. Per certi aspetti era per noi prioritario permettergli di esaudire il suo desiderio ma, per altri aspetti, in qualità di specialisti esperti, avevamo il dovere di informarlo rispetto ai rischi a cui la sua condizione articolare l'avrebbe potuto esporre.
Tuttavia l'assoluta priorità, per me e per l’equipe, era sicuramente quella di permettere a Nicola di avverare questo suo grande sogno: non ce la saremmo mai sentita di impedirglielo, anche considerando il fatto che i rischi per lui erano in realtà limitati, trattandosi di un ragazzo giovane, le cui articolazioni non erano così compromesse dalla malattia.
Come fisioterapista di Nicola, come ha deciso di prepararlo al meglio per questa sfida?
L' aspetto che è emerso durante i primi colloqui con Nicola era il suo desiderio di affrontare in modo assolutamente autonomo il Cammino, in totale libertà: per lui doveva essere innanzitutto un’esperienza da vivere per e con sé stesso; naturalmente con a fianco degli “angeli custodi” che lo avrebbero accompagnato virtualmente senza però essere fisicamente presenti e soprattutto lasciandolo del tutto autonomo lungo il suo Cammino.
Questo aspetto, se da un lato mi ha fatto paura all’inizio, dall’altro mi ha fatto capire che era la cosa giusta: ci impegniamo sempre per aiutare i nostri pazienti a diventare responsabili di sé stessi e perché ciò avvenga, come professionista devo essere capace di trasferire loro il senso di responsabilità sul proprio corpo e sulle proprie decisioni. Era quindi fondamentale fornirgli suggerimenti pratici, in modo da essere sempre attento e capace di sfruttare a pieno le proprie risorse.
Per poter affrontare il Cammino, oltre ai cicli di fisioterapia che segue fin da piccolo e che lo hanno aiutato a diventare oggi un solido ragazzo "funzionale", peraltro molto sportivo, lo abbiamo preparato con esercizi che potesse eseguire in autonomia, gli abbiamo fornito informazioni sull’utilizzo di particolari cerotti, sull'alternanza delle scarpe e di specifici plantari, sull’uso dei bastoncini per alleviare la pressione sulle caviglie.
Lo abbiamo poi sensibilizzato sull’attenzione da prestare al proprio corpo e ai suoi segnali: non era il caso di porre particolari limitazioni, ma sarebbe stato sbagliato non rimarcare l'attenzione sul fatto che è necessario fermarsi e riposarsi quando il corpo lo richiede: essendo il Cammino libero, non è obbligatorio percorrere un determinato numero di chilometri al giorno pertanto se si fosse reso conto di aver sforzato troppo poteva sicuramente prendere in considerazione di fermarsi il giorno successivo senza ,per questo sentirsi diverso dagli altri.Abbiamo anche affrontato diversi scenari che si sarebbero potuti verificare ,come per esempio quello di gestire correttamente il dolore in tali particolari situazioni.
La capacità di effettuare un’autoanalisi rende la persona più attenta e responsabile a gestire quella macchina che è il corpo.
Chiaramente, quando si parla di movimento e qualità di vita, la terapia è la conditio sine qua non in grado di proteggere nel modo migliore le articolazioni. La terapia però non può sostituire la biomeccanica dell’organismo, diversa da persona a persona: è fondamentale quindi mantenere allenato il proprio organismo, in base alle proprie capacità, per poter accogliere le possibilità che la terapia offre in termini di qualità di vita e movimento. Il fatto di avere a disposizione farmaci efficaci e sicuri ci permette di essere delle macchine veloci, forti, ma la macchina deve essere sempre pronta per affrontare questa velocità e forza.
Dal suo punto di vista, qual è il valore di Libera la Vita?
Il valore di Libera la Vita sta nel fatto che combatte le resistenze che le persone con emofilia hanno nei confronti del movimento, delle esperienze e di riflesso manifestano anche nei confronti della vita. Libera la Vita aiuta a capire come, con le dovute attenzioni, si può dire sì alla vita, liberandosi dalle paure e dai retaggi che spingono a pensare che è meglio evitare a priori alcune situazioni e alcune attività, spesso finendo col precludersi tante, troppe occasioni. Il confine tra “è meglio non fare” e “non faccio” in senso assoluto è infatti sottile verbalmente, ma nella pratica segna il confine tra una vita vissuta e una vita negata. È di gran lunga meglio provare e tuffarsi, anche esagerando, perché se necessario e in tutta serenità, si può sempre tornare sui propri passi, anche con l’aiuto degli specialisti.
Quando si parla di una vita senza compromessi, bisogna sempre tenere presente la condizione personale?
Imparare a conoscere la propria condizione è fondamentale, come fondamentale è per noi specialisti imparare a conoscere la persona che ci è affidata. È importante che la persona conosca sé stessa innanzitutto per capire quali sono i propri desideri: Nicola ha sempre avuto una visione chiara di questo, non avendo mai avuto dubbi sul suo voler intraprendere il Cammino. Conoscersi però vuol dire anche saper riconoscere i segnali che il proprio corpo fornisce, per non affaticarlo eccessivamente. Allo stesso tempo è importante che noi specialisti impariamo a conoscere la persona che abbiamo di fronte per aiutarla a esprimere tutto il proprio potenziale, liberandola dai limiti e preconcetti che la malattia inevitabilmente porta con sé. Questo per aiutarla a vivere la propria vita pienamente, ma senza perdere di vista la condizione soggettiva, fatta di possibilità e difficoltà, sempre differenti da persona a persona. Se lanciarsi dal quinto piano è una scelta estrema, negarsi del tutto è altrettanto sbagliato e pericoloso. Non conosco nessuna persona che, avendo le gambe funzionanti, non vuole camminare, muoversi e scoprire il mondo. Il segreto sta nel conoscersi e trovare quella giusta via di mezzo che permette di fare ciò che si desidera in completa sicurezza, e questo è possibile affidandosi a specialisti esperti nel campo!
Dalla sua esperienza, per le persone con emofilia sono maggiori i limiti fisici o quelli psicologici?
Senza dubbio quelli psicologici! Quello che ho avuto modo di osservare nel tempo è una discrepanza, tanto frequente quanto incredibilmente ampia, tra quello che viene osservato biomeccanicamente e quello che le persone esprimono in termini di percezione soggettiva della propria condizione. Diventa quindi fondamentale per noi specialisti capire la psicologia della persona che abbiamo di fronte per aiutarla a sviluppare una percezione più obiettiva della propria condizione.
La comprensione e la gestione del tratto psicologico è la premessa irrinunciabile per una efficace presa in carico della persona, che ha il diritto di non precludersi mai quello che la vita può offrire, magari proprio a causa di questa errata percezione della realtà. L’aspetto psicologico è, a ben vedere, la parte più importante. La fiducia tra specialista e paziente è infatti fondamentale perché se la persona non si fida, non si lascerà guidare, finendo col rimanere ferma in quella percezione soggettiva e distorta della propria condizione che spesso impedisce di vivere a pieno o, al contrario, che può spingere a esporsi troppo perché impedisce di percepire il pericolo.
Che messaggio vuole dare a tutti i Nicola e le Paola che non hanno ancora trovato il coraggio di superare le loro paure e vivere una vita piena?
Il mio consiglio è assolutamente quello di correre il rischio.
A ben vedere, la paura ha un unico vantaggio: fa emergere il coraggio di provare una volta, di iniziare una nuova avventura, di realizzare i propri desideri e, in fondo, di guadagnarsi un nuovo pezzo di vita con nuove sensazioni ed emozioni.
A tutti coloro che, per paura, rinunciano ai propri desideri e si rassegnano alle proprie paure, vorrei dire che la paura va riconosciuta e affrontata, perché nell’affrontare le proprie paure non si perde mai. D’altronde, non c’è sensazione migliore di quella che si prova nel vedere realizzato un proprio desiderio dopo aver vinto una sfida con sé stessi. Penso ne valga davvero la pena.